mercoledì 1 ottobre 2014

Sindrome d’Ulisse:La salute mentale degli immigrati e la latitanza delle istituzioni pubbliche

Sindrome d’Ulisse:La salute mentale degli immigrati e la latitanza delle istituzioni pubbliche
Edgar J. Serrano
(*)
“Sindrome d’Ulisse”. E’ questa la patologia che da alcuni anni sta colpendo tantissimiimmigrati presenti in Italia. Che si sappia, nessuno nel paese si sta occupando diapprofondire questa problematica perché si fa finta di non sapere o, semplicemente,non si vuol far sapere.La Sindrome d’Ulisse rimanda allo stress cronico e multiplo che soffre lo straniero chevive l’esperienza dell’immigrazionesi aggancia simbolicamente alla figurdell’eroedell’Odissea per paragonare la
vita da migrante
con le avversità e i pericoli che ilpersonaggio di Omero visse in terre sconosciute, lontano dai suoi familiari e amici. Lasindrome, in altre parole, si caratterizza per l’apparizione di un vasto insieme di sintomipsichici e somatici che s’inquadrano nell’area della salute mentale. L’accostamento conUlisse fu proposto qualche anno fa da un caro amico e collega di ricerca, lo psichiatraspagnolJoseba Achoteguivorrebbe descriverla condizione mentale in cui sitrovano gli immigrati che sono costretti a vivere in condizioni di grave disagio per untemptroppo prolungatoQueste condizioniunitalla loro durata temporale,provocherebbernemigrante un verproprio processo di ristrutturazione dellapersonalità.La Sindrome d’Ulisse si starebbe accentuando in questi ultimi anni causa dellagraduale ma decisa eliminazione dell’offerta pubblica d’integrazione per gli immigrati,dalla perdita del posto lavoro e dalla difficoltà di trovarne subito un altro ma anche dalladiffidenza e ostilità degli italiani nei confronti della loro presenza.Non è un segreto che, negli ultimi anni, le condizioni di vita e di lavoro degli immigratipresenti in Italia siano peggiorate. Questo peggioramento costringe un numero semprepiù alto d’immigrati ad affrontare situazioni materiali e psicologiche insostenibili chefanno emergere in tantissimi di loro un inquietante quadro patologico in cui s’intreccianoelementi di depressione, stati di confusione, crisi d’ansia e dolori somatici.Glimmigratpiù colpitdallSindrome d’Ulisse sonospessoquelli chnonpossiedono un regolare permesso di soggiornoIn ogncaso, la Sindrome nofadistinzioni tra immigrati clandestiniimmigratirregolari immigrati regolarmentepresenti nel territorio o tra chi già possiede un lavoro e chi ancora lo cerca.Ma, quali sono i sintomi della Sindrome d’Ulisse? Achotegui sostiene che la base deisintomi è riscontrabile in un insieme di situazioni iniziali che vanno dalle condizioni delviaggial terrorintimesperimentato dallo straniero durante la traversiadalleangherie subite da gruppi criminali una volta arrivato a destinazione all'ansia procuratadal dover trovare subito un lavoro; dall’esigenzdi mandare più soldpossibilallafamiglia lasciata nel Paese d’origine alle condizioni precarie di vita nel Paese d’arrivo. Iltutto in totale solitudine, cioè senza sostegno alcuno da parte di amici o parenti.La sintomatologia tipica dellSindrome d’Ulisse rimanddiversaredellapsicopatologia. Le sintomatologie dell’aredepressiva, per esempio, riguardano latristezza, il pianto, il sentimento di colpa e l’idea della morte.
 
Quelle dell’aredell’ansietà sonoinvece, il nervosismo, le tensionil’irritabilitàlericorrenti preoccupazioni e l’insonnia.L’immigrato interpreta spesso questi sintomi come frutto della cattiva sorte provocatadal malocchio che “qualcuno” gli ha fatto o dalla stregoneria. Altri interpretano la propriasituazione come un castigo divino per aver infranto qualche norma sociale del gruppod’appartenenza come, per esempio, l’aver rifiutato di sposare la parente indicata dallafamiglia, oppure per aver offeso qualcuno.Una variante interessante della Sindrome d’Ulisse può essere considerata quella chenei Paesi dell’Est europeo comincia a essere conosciuta come
Sindrome Italia.
Ladifferenza con la Sindrome d’Ulisse sta nel fatto che, mentre quest’ultima analizza lasituazione dello straniero che arriva, la Sindrome Italia, invece, si occupa anche dellasituazione degli immigranti che rientrano nei loro Paesi d’origine, dopo aver trascorso inItalia un certo periodo di tempo.La Sindrome Italia colpirebbe soprattutto le donne dell’est anche perché sono le loro lacomponente più corposa dell’immigrazione proveniente, in particolare, dalla Romanial’Ucraina o la Moldova.I medici dell’Est europeo, nel trattare i soggetti affetti da Sindrome Italia, parlano di“complesso di malattie mentali invalidanti, con illusioni di persecuzioni, di maltrattamentie ossessioni ricollegabili alle attività lavorative svolte in Italia”.La variante italiana della Sindrome d’Ulisse sembra sia nata in Moldova, Paese da cuiproviene una grossa comunità di migranti –in particolare donneche vive, pelamaggior parte, a Roma e Padova.TatianNogailic, cittadinmoldava membrdi Assomoldavespiegnel
blog
dell’Associazione che le maggiori difficoltà per i moldavi variano a seconda se si ha ono il permesso di soggiorno perché, quando si è irregolare, si è impediti di tornare inpatria e questo rende
inesistenti 
le persone perché le isola dalla realtà.Per Tatiana, non essere in regola può far ammalare l'anima. Questo vuol dire sentirsiperseguitati e spiati. Vuol dire, inoltre, non uscire per mesi dalla casa in cui si lavoraperché una leggerezza può essere fatale e si è costretti all'isolamento per la paura diessere intercettati dalle forze dell'ordine. Al riguardo, la Nogailic aggiunge: "
Conoscodiversi connazionali che per l'abitudine al timore in Italia, al rientro in Moldova per lefeste, impallidiscono alla vista di un poliziotto
".Di fronte a questo preoccupante quadro sullo stato della salute mentale dei migranti,preoccupa la latitanza delle istituzioni pubbliche italiane nei confronti di una realtà inaumento. Già nel 2003 si stimava che il numero d’immigrati presenti in Italia e colpitidallSindrome d’Ulisse fossero circa 300milaOggicon l’aumento del loro arrivo,l’acuta crisi occupazionale in corso e l’incremento delle ostilità nei confronti della loropresenzaci sono fondatmotivi peritenere chtale stimsi siampiamenteraddoppiata.
(*) Università di Padova (e.serrano@unipd.it

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